GIORNO PRIMO
Prima volta in Ungheria, decollo appena turbolento dovuto alle condizioni atmosferiche su Napoli. Chi vola da Capodichino deve sapere che troverà di sicuro qualche napoletano a bordo al suo primo viaggio in aereo che di certo si esibirà in una “sceneggiata". A maggior ragione in un giorno di pioggia. Breve scambio di battute con una ragazza tedesca carina sull'aereo, Marlene, spiata la sua carta d'identità al momento dell'imbarco ma non presente su Facebook, seduta troppo lontana, game over. Con Budapest togliamo un'altra città da quelle che mi mancano per finire il giro delle capitali europee, la lingua locale si prevede già abbastanza impegnativa. Atterraggio previsto per le 4:05pm.
Città molto bella, anche se ho visto ancora poco. Clima gradevolissimo. Avvistata a piazza Vörösmarty una ragazza con le collant strappate, è una di quelle cose che mi resteranno in testa per (quasi) sempre. Secondo me una parte della popolazione non ha mai visto il mare. Ricordarsi di riflettere su questa cosa domani e su quanto questo possa modificare la personalità degli uomini.
Domani sapró dire qualcosa di più del luogo. Il Danubio illumininato non ha nulla da invidiare alla Senna, al Tamigi o similari. Avevo un maglioncino di un tessuto ottimo per ricevere abbracci, ma l'ho indossato invano.
Donne ungheresi: lontane. Credo che fosse stato Seneca a dire che mutare il luogo non muta l'animo. Vero, ma è vedere cose nuove, bellezza (di qualsiasi genere) nuova, diversa, che lo risveglia.
Nota di memoria: capire se è il caso di scusarsi per il messaggio di ieri notte. Ricordarsi di portare un bel regalo.
GIORNO SECONDO
Giro della città più approfondito, visita al castello (che è piuttosto una cittadella fortificata) e alla basilica di Santo Stefano. Il primo è molto interessante, borgo fortificato caratteristico, forse un po' stuprato dall'eccessiva commercializzazione della zona. Veduta splendida. La seconda è un capolavoro di solo marmo, degno delle migliori chiese cattoliche del mondo probabilmente. Visitabile gratuitamente come di fatti dovrebbe essere ovunque.
La città palesa subito l'aver voltato decisamente pagina rispetto al suo passato sovietico, meglio di Praga ad esempio, introvabili iscrizioni cirilliche o simboli del regime. Memoria fin troppo ripulita secondo me.
La popolazione parla inglese con disinvoltura, meglio dell'italiano medio di certo. Giro serale del centro con doppio attraversamento del Danubio: coppia architettonica-luminosa molto riuscita. Città priva di grande volume di shopping, per fortuna.
Da citare i numerosi e quasi agghiaccianti segni dell'Universo che ricevo. Conosciuto al castello un suonatore di fisarmonica di Manoppello scalo. Cibo locale pieno di aglio, a quanto ho appreso importato dall'Italia da un reale, frequenti anche erba cipollina, cipolla rossa e paprika, considerata un prodotto locale anche se eredità della dominazione ottomana. Gli ungheresi, contrariamente ad altri paesi est-europei, bevono molto poco, come gli italiani o anche meno.
Ho comprato un sorriso dalla mia compagna di posto in autobus, probabilmente rumena, con un fiorellino giallo colto in una aiuola su un belvedere. Ho già troppi rimorsi per avere solo ventitrè anni, meglio non aggiungere anche questo. Molto carina ma impossibile rivolgerle altre domande sul momento, probabilità di incontrarla nuovamente domani prossime allo zero. Complice l'inquinamento luminoso sopra a Budapest sono visibili solo sei stelle. Ricevuta dalla casa editrice l'anteprima del mio libro impaginato.
GIORNO TERZO
Gli ungheresi si definiscono con orgoglio “Magiari" dalle tribù libere che occuparono per prime questa terra, ignare del futuro di sottomissioni che li stava aspettando. Visita alla via Pàl (in italiano Paal) e alla statua di Ernst Nemesckek (mancano alla tastiera del mio telefono le lettere perché sia scritto correttamente), piccolo eroe della guerra fra le giubbe rosse di Feri Ats e i ragazzi della segheria di Janos, in via Pàl appunto. Nessuna segheria ormai in loco comunque. Chieste indicazioni per arrivarvi ad una bellissima asiatica.
Note sugli ungheresi: se non hanno quello che cerchi nel loro negozio ti suggeriscono sempre un concorrente dove potresti trovarlo. Hanno gli occhi chiari, ma non sono biondi come i tedeschi.
Ricevuta la rivelazione, di nuovo. Lasciata scappare, di nuovo.
Gli ungheresi sono cattolici, non ortodossi come i loro confinanti. Questa è la risposta a molte e varie domande.
Ascoltato il profumo di molte ragazze, di varie etnie e nazionalità, al Nagy-vasarcsarnok (mercato), cercando di non farmi scoprire. Come avere il mondo in tasca. O nel naso.
Cosa più importante che ho capito a Budapest: la mia prossima ragazza dovrebbe in qualche modo, per l'aspetto e il modo di abbigliarsi ma non solo, ricordarmi un po' gli anni cinquanta. Farmi pensare che la guerra è finita.
Pioggia, poca. Incrociati gli occhi di una ciclista sull'isola Margherita. Incrociati molti sguardi. In serata trovato motivo per essere felice, possiamo provare a riciclarlo all'occorrenza. Piacevo alla commessa oggi pomeriggio, lo ha nascosto malissimo. Forse non ci ha provato nemmeno. Le lenzuola profumano di casa vecchia (espressione con cui intendo la mia prima casa a Teramo). Giro sul Danubio in battelo, imbarcato al ponte delle catene, sbarcato sull'isola di cui sopra. Fallito con grande rammarico il tentativo di una visita notturna a Vienna. Cosa molto triste.
GIORNO QUARTO
Si torna in Italia, il trasporto pubblico ungherese porta da qualsiasi punto di Budapest fino all'aeroporto con settecento fiorini (poco più di due euro) all'aereoporto, mi sembra ottimo. Grande superficialità all'imbarco tuttavia, probabilmente dovuta alla crescita della tensione in Ucraina (anche se ciò non la giustifica, anzi). Check-in senza documenti d'identità, imbarco da un capannone fin sopra all'aereo a piedi. Numerose possibilità di uscire inosservati dai percorsi obbligati.
Piacevole chiacchierata in aereo con una ragazza ungherese, Marietta. Ha riso. Ritorno a Potenza fra poco.